Monica Ricci Sargentini
Monica Ricci Sargentini è una giornalista del Corriere della Sera. Laureata in Lingue e letterature straniere moderne a La Sapienza, ha studiato allo Smith College e alla New York University negli Stati Uniti dove ha conseguito un Master in Letterature Comparate. L’America le ha regalato un inguaribile ottimismo e la consapevolezza che i sogni sono (quasi sempre) realizzabili, per questo la considera la sua patria d’adozione. Tornata in Italia avrebbe voluto insegnare all’Università ma nella redazione di Noi Donne, grazie a Mariella Gramaglia, ha scoperto la passione per il giornalismo. Il suo primo articolo? Un reportage sui college per sole donne negli Usa.
Dal 1989 al 2000 ha lavorato a L’Unità. Nel 1998 è diventata capo del servizio Esteri. Dal 2004 lavora nella redazione Esteri del Corriere della Sera. Ha scritto reportage da Stati Uniti, Gran Bretagna, Spagna, Francia, Turchia, Mali. Negli ultimi dieci anni si è occupata di Turchia e Medio Oriente. Nel 2012 ha intervistato l’allora premier turco Recep Tayyip Erdogan. Nel 2013 ha seguito la rivolta dei giovani di Gezi Park e la stretta sui diritti umani che ne è seguita. Dal 28 maggio 2011 coordina insieme ad Amnesty International il blog sui diritti umani Le Persone e la Dignità.
Nel dicembre 2015, quando in Italia infuriava il dibattito sulla maternità surrogata e la stepchild adoption nell’ambito della legge sulle unioni civili, ha scritto un reportage da una clinica californiana in cui si era recata fingendosi interessata ad affittare un utero. Il 2 giugno del 2016 si è recata in incognito in un hotel di Roma dove Mario Caballero, il direttore dell’agenzia californiana di surrogacyExtraordinaryConceptions, incontrava (illegalmente) le coppie che volevano ricorrere all’utero in affitto. Il giorno dopo la ministra della Sanità, Beatrice Lorenzin, ha chiamato i carabinieri del Nas e Caballero ha cancellato gli altri incontri previsti in Italia. Recentemente è stata audita dalla Commissione Giustizia del Senato in quanto voce critica del Ddl Zan. Si dichiara femminista radicale ed è in prima linea per difendere l’unicità del femminile dentro e fuori dai tribunali.